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Incompatibilità fra attività di mediazione immobiliare ed amministrazione: la doccia fredda del MISE

Con l’entrata in vigore della legge 57/2001, che riformulava il terzo comma dell’art. 5, comma 3 della l. 39/1989, fu stabilita l’incompatibilità dell’attività mediatoria:
a) con l’attività svolta in qualità di dipendente da persona, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione;
b) con l’esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate.

L’allora Ministero delle Attività Produttive, con circolare del 2003 non ritenne sussistente alcuna incompatibilità fra l’attività del mediatore immobiliare e quella dell’amministratore condominiale.

Successivamente, con nota del 2013, il Ministero dello Sviluppo Economico espresse l’orientamento per cui l’attività di amministrazione condominiale sarebbe stata ammessa solamente se esercitata “saltuariamente o a titolo di passatempo” [sic !], escludendone quindi la compatibilità qualora esercitata in forma, anche elementare di impresa, con un minimo di organizzazione ed a fine di profitto.

Con circolare del 2015 il Ministero tornò sul tema, ribadendo l’incompatibilità qualora l’attività di amministrazione avesse natura imprenditoriale (in forma individuale o societaria).

Successivamente intervenne la Commissione Europea, che aprì una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, contestando il carattere sproporzionato ed eccessivamente generalizzato delle norme sui criteri di incompatibilità previsti dall’articolo 5. La Commissione segnalò come, ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 3 della Direttiva 2005/36/CE e dell’articolo 49 del TFUE, qualsiasi restrizione dell’accesso ad una prestazione di servizi debba rispettare i principi di necessità e proporzionalità. Nello stesso senso si era già espressa, nel 2015, senza molto successo, l’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Commercio.

Si è infine giunti all’approvazione della legge 3 maggio 2019, n. 37, che avrebbe dovuto dare attuazione alle direttive UE.

In un primo momento il testo del nuovo art. 5 risultava concepito in modo da fissare l’incompatibilità dell’attività di mediazione “con l’esercizio di attività imprenditoriali di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni e servizi afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione”.

È stato successivamente approvato un emendamento, che ha dato vita al testo definitivo: “L’esercizio dell’attività di mediazione è incompatibile con l’esercizio di attività imprenditoriali di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione, nonché con l’attività svolta in qualità di dipendente di ente pubblico o privato, o di dipendente di istituto bancario, finanziario o assicurativo ad esclusione delle imprese di mediazione, o con l’esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione e comunque in situazioni di conflitto di interessi”.

La scomparsa del termine “servizi” ha indotto alcuni commentatori a ritenere definitivamente superato il problema dell’incompatibilità con l’attività di amministrazione, trattandosi evidentemente di un servizio, senonché, a pochi giorni dalla pubblicazione della legge sulla G.U., è giunta la “doccia fredda” del Mise, che con circolare del 22 maggio scorso ha affermato che permane l’incompatibilità sia nel caso in cui la l’amministrazione condominiale “venga intesa come professione intellettuale afferente al medesimo settore merceologico per cui viene esercitata la mediazione”, sia “ove venga considerato l’aspetto imprenditoriale di rappresentanza di beni afferenti al medesimo settore merceologico”.

È sintomatico che con l’ultima parte della circolare il Ministero colga “l’occasione per ricordare che lo svolgimento di attività incompatibili con quella di agente di affari in mediazione di cui alla ridetta legge n. 39/1989 determina, da parte degli uffici camerali, l’avvio della procedura di inibizione allo svolgimento di quest’ultima e la conseguente inibizione alla stessa.”

Avv. Davide Rocca