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Le distanze del condominio

LE DISTANZE NEL CONDOMINIO
(commento alla Cass. Civ. sent. n. 7269 del 27/03/2014)

Con una recente sentenza (n. 7269 del 27.03.2014) la Corte di Cassazione affronta nuovamente il problema delle distanze in ambito condominiale, e ha così modo di ribadire alcuni principi già espressi in decisioni precedenti.

Nel caso di specie, si erano rivolti al Tribunale di Bari i proprietari di un appartamento condominiale, chiedendo che il proprietario dell’appartamento sottostante fosse dichiarato tenuto e condannato alla rimozione di una tettoia installata su un balcone a distanza inferiore di tre metri da una finestra degli attori.


Avverso la decisione del Tribunale di Bari, che rigettava la richiesta attorea affermando che la tettoia in questione insisteva esattamente sull’area del balcone sottostante e quindi non poneva limitazioni alla veduta, i soccombenti si rivolgevano con atto di gravame presentato alla competente Corte di Appello.

La Corte d’Appello, a sua volta, ribaltava la decisione del Tribunale, condannando i proprietari dell’alloggio sottostante a rimuovere la tettoia in quanto essa, che non aveva natura di costruzione precaria, non rispettava il limite di tre metri di distanza dalla soprastante finestra e quindi violava il disposto dell’art. 907 c.c.

La causa, come detto, giungeva così in Cassazione, che nel decidere in via definitiva la questione confermano la decisione della Corte d’Appello, aveva modo di ribadire  principi in materia di distanze in ambito di edifici condominiali già espressi in precedenti decisioni.

In particolare, la Suprema Corte ricorda, nella decisione in esame, che le norme sulle distanze delle costruzioni delle vedute si osservano anche nei rapporti tra i condomini di un edificio: questo in quanto l’art. 1102 c.c. non deroga in alcun modo al disposto dell’art. 907 c.c. Inoltre, osserva ancora la Corte, qualora vi sia già una finestra preesistente, il proprietario può imporre al suo vicino di non costruire a meno di tre metri sia in linea retta che obliqua che a piombo.

In sostanza, secondo i giudici della nomofilachia, il principio da seguire in casi di costruzioni in ambito condominiale (che non abbiano ovviamente il carattere della precarietà, cosa che non accade quando si parla di verande) è che il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta sino alla base dell’edificio e di opporsi, conseguentemente, ad ogni costruzione degli altri condomini che direttamente o indirettamente pregiudichino tale diritto, senza che abbia alcuna rilevanza l’eventuale lieve entità del pregiudizio arrecato.

Avv. Enrico Morello