Accedi

Hai dimenticato la password?

x

Il delegato in assemblea: qualche vecchio, e nuovo, mito da sfatare.

Dopo l’entrata in vigore della cosiddetta “riforma del condominio”, con insolita frequenza mi  sento domandare se sia vero che i condomini presenti in assemblea tramite delegato non possano essere computati nel calcolo delle “teste” necessarie per raggiungere i vari quorum.

In altre parole, ponendo che il condomino Tizio (100 millesimi) si rechi in assemblea con la delega di Caio e Sempronio (100 millesimi pro capite), dovrebbero essere conteggiati 300 millesimi, ma una sola “testa”.

Quando domando chi possa aver inventato un’assurdità del genere, mi sento rispondere che questa sarebbe una delle conseguenze della “riforma”. A me pare che siano più che sufficienti i danni che questa “riforma” ha causato davvero, senza che occorra attribuirgliene degli altri che non esistono.

La materia della partecipazione all’assemblea tramite delegato, per decenni, ha costituito una delle poche questioni in ordine alle quali la giurisprudenza non ha subito rilevanti oscillazioni.

Lo scopo di queste note è quello di enucleare pochi e chiari principi sin qui espressi dalla giurisprudenza e verificare come tali principi non siano stati modificati dalla riforma, che si è limitata ad introdurre qualche eccezione a regole consolidate.

1) La delega falsa o viziata. Le pronunce giurisprudenziali sono costanti nell’affermare che solo il condomino delegante o quello che si ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere gli eventuali vizi della delega o la carenza del potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto.

2) La delibera su oggetto non previsto nell’o.d.g. Qualora l’assemblea assuma una delibera su argomento non contemplato dalla convocazione, il condomino presente tramite delegato potrà impugnare la delibera indipendentemente dall’atteggiamento assunto dal suo delegato (per il semplice motivo che su quest’ultimo, su un punto non evidenziato nell’o.d.g., delegato non era).

3) I limiti alle deleghe. Atteso che l’art. 67 delle disposizioni di attuazione del c.c. si limitava a stabilire che “ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante” e che il successivo art. 72 vieta qualsiasi deroga a tale principio, la giurisprudenza aveva fissato pochi e chiari punti su questo tema, ovvero:

– il diritto di delegare ad altri la partecipazione all’assemblea è espressamente riconosciuto dalla legge e non è rinunciabile;

– l’esercizio di tale diritto può tuttavia, sia pure entro certi limiti, essere disciplinato dal regolamento condominiale;

– se il regolamento si limita a disciplinare l’uso della delega, senza eccessivamente comprimerlo, sono annullabili le delibere assunte con il voto determinante di delegati che tali non avrebbero dovuto essere.

In concreto, la giurisprudenza, ha (correttamente) sanzionato di nullità le clausole regolamentari che vietino in modo assoluto la delega, ma (molto meno correttamente, ad avviso di molti) ha ritenuto comunque valide le clausole che escludano che in assemblea ogni partecipante possa rappresentare più di un condomino, o che vietino il conferimento della delega ad un estraneo al condominio, o che limitino i soggetti “delegabili” al coniuge ed ai parenti più stretti del delegante.

4) Il conflitto di interessi. Anche in tal caso alcuni principi appaiono consolidati, ovvero:

– la situazione di conflitto di interessi del delegante non si estende al condomino delegato. Se, dunque, Tizio, in conflitto di interessi, delega il condomino Caio, non potrà essere computato il voto dato da Caio quale delegato di Tizio, ma sarà validamente espresso il voto dato da Caio a nome proprio;

– qualora, invece, sia il delegato a trovarsi in situazione di conflitto di interessi, l’invalidità del voto espresso in proprio dal delegante non si estende necessariamente ed aprioristicamente al voto espresso quale delegato, occorrendo indagare volta per volta se la situazione di conflitto fosse nota o meno al delegante: solo nel secondo caso, quando, cioè, la delega sia stata conferita da chi non fosse a conoscenza del conflitto, il voto del delegante non è validamente espresso.

Sovente accade che qualche condomino rifiuti una delega poiché prevede di esprimere un voto diverso da quello desiderato dal delegante, oppure, per lo stesso motivo, si astenga dal voto (senza magari rendersi conto che l’astensione, agli effetti pratici, equivale a voto contrario).

Questo condomino, evidentemente onesto nei suoi intenti, si pone un problema che non esiste, probabilmente causato da confusione fra “conflitto di interessi” e “divergenza di opinioni”: in realtà nulla gli impedirebbe di esprimere due voti diametralmente opposti, uno come voto proprio, l’altro come voto del delegante.

5) Orbene, tutti i principi sinora richiamati non hanno subito alcuna modifica a seguito della riforma. Sono state semplicemente introdotte due deroghe, ovvero:

– il limite quantitativo alle deleghe, cosicchè, nei soli condomini che contino più di venti partecipanti, un delegato non può (oltre a se stesso) rappresentare più di un quinto delle “teste” e dei millesimi (è stato correttamente osservato che, perchè il divieto scatti, devono essere superati ambedue i limiti);

– l’amministratore non può ricevere, nel modo più assoluto, alcun tipo di delega (norma criticabilissima, espressione della solita ricerca, da parte del ceto politico, di capri espiatori cui addossare la responsabilità di veri o presunti problemi, ma comunque, se non altro, perfettamente chiara).

Atteso che, come si è visto, l’art. 67 disp. att. c.c. non è derogabile, ci si deve domandare se i regolamenti possano discostarsi da tali nuovi limiti.

A parere (non solo) di chi scrive saranno considerate valide le clausole regolamentari più restrittive di quelle di legge, mentre, al contrario, non lo saranno quelle più “largheggianti”.

Nei condomini con più di venti partecipanti, per formulare un esempio, sarà ritenuta valida la clausola di un regolamento che vieti di rappresentare più di un decimo dei millesimi, mentre non lo sarà la clausola che ponga il limite ad un terzo.

Il legislatore, more solito, non ha voluto perdere un’ottima occasione per complicare gli affari semplici: se non altro, se la Corte di Cassazione non cambierà idea, una delibera assunta con il voto di delegati “abusivi” sarà semplicemente annullabile e continuerà a sottrarsi alla ben più grave sanzione di nullità.

Davide Rocca – Avvocato in Torino