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I limiti del regolamento Contrattuale

E’ nota, a chiunque operi nel settore, l’esistenza di due tipologie di regolamento condominiale: il regolamento detto “assembleare” e quello detto “contrattuale”, o “convenzionale”.
Vediamone le differenze.


 

A) Il regolamento “assembleare” è l’unico espressamente previsto dal codice civile, che ne stabilisce l’obbligatorietà per gli edifici aventi più di dieci condomini.

Il codice è chiaro nel fissare inderogabilmente la maggioranza necessaria per l’approvazione (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno metà del valore dell’edificio). Ovviamente la stessa maggioranza è necessaria per modificarlo.

In realtà la portata di questo regolamento è piuttosto limitata, potendo esso solamente regolare l’uso delle cose e dei servizi comuni ed fissare tabelle millesimali che devono rispettare rigorosamente i criteri di legge (cosa, questa, più facile a dirsi che a farsi).

E’ dunque chiaro che la spesa per manutenzione della scale dovrà essere ripartita secondo i criteri di cui all’art. 1124 c.c., o che la ripartizione dei costi di manutenzione del lastrico solare dovrà rispettare il criterio dettato dall’art. 1126, etc.

Il limite più importante del regolamento di origine assembleare consiste nel fatto che esso non può privare nessun condomino dei diritti che la legge gli riconosce, nè può accordarne di altrimenti non sussistenti.

Ciò significa che un regolamento di origine assembleare non può, per esempio, vietare il parcheggio nel cortile, o l’apposizione di targhe o insegne, o il mutamento di destinazione delle proprietà esclusive (salvo che non creino pericolo o compromettano il decoro dell’edificio, ma in questo caso il divieto trova origine nella legge, e non nel regolamento).

B) Passiamo ora ad esaminare i regolamenti detti “contrattuali”. Si tratta di regolamenti che di norma vengono redatti dal costruttore o unico proprietario in funzione del frazionamento dell’immobile, sono accettati dagli acquirenti e debitamente trascritti presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari (ora Agenzia del Territorio).

Può anche accadere che i condomini si diano un regolamento contrattuale, qualora si raggiunga un consenso totalitario. Si tratta di ipotesi rara nella pratica, ma non impossibile. Data la natura di vero e proprio contratto, non occorre una delibera assembleare. Ciò che conta è che si raccolga il consenso di tutti, nessuno escluso, i condomini. Per tale motivo, in tali casi si usa depositare il regolamento presso un notaio, in modo che i singoli condomini possano recarvisi, anche a distanza di tempo, e formalizzare il proprio consenso.

Una volta raggiunta la totalità dei consensi, il notaio provvede alla trascrizione.

Se la differenza concettuale fra i due tipi di regolamento è notevole, ancor più rilevante è la differenza dal punto di vista pratico, perchè solo un regolamento contrattuale può negare o limitare ai condomini diritti altrimenti spettanti o, viceversa, accordare diritti che, in assenza di tale convenzione, non sarebbero loro riconosciuti, o prevedere tabelle di spesa in deroga ai principi legali.

Dunque solo un regolamento convenzionale può inibire ai condomini il parcheggio nel cortile, altrimenti concesso dall’art. 1102 c.c. e solo un regolamento contrattuale può inibire la destinazione delle unità immobiliari ad attività che altrimenti sarebbero lecite (ad esempio, studio medico).

Chi scrive ha potuto constatare che la portata del regolamento “contrattuale” è sovente sopravvalutata. Conviene pertanto chiarire alcune questioni.

B.1) Anche i regolamenti contrattuali contengono norme che, anzichè limitare, escludere o ampliare i diritti dei condomini, si limitano, al pari di quelle contenute nei regolamenti di origine assembleare, a disciplinare l’uso delle cose comuni e fissare regole di convivenza (per esempio, il divieto di suonare strumenti musicali in determinati orari).

Queste norme, pur se contenute in regolamenti contrattuali, possono essere modificate con la maggioranza qualificata prevista dall’art. 1138 c.c.

B.2) Anche i regolamenti contrattuali devono rispettare le norme che l’art. 1138 c.c. indica come inderogabili. Di conseguenza non possono, per formulare degli esempi, essere dilatati o limitati rispetto alla previsione codicistica i poteri dell’amministratore, non può essere variato il regime delle maggioranze, così come quello delle impugnazioni o del dissenso rispetto alle liti.

Neppure la previsione dell’art. 1120 c.c. può essere derogata (in tempi recenti, ad esempio, la Corte di Cassazione ha ritenuto che una delibera assunta con la maggioranza prevista in tema di innovazioni possa stabilire, anche in presenza di un regolamento contrattuale, il mutamento di destinazione [e non l’alienazione, si badi] della portineria).
In definitiva un regolamento convenzionale può condizionare anche pesantemente i diritti dei singoli proprietari, ma non può alterare le regole fondamentali di funzionamento dell’organizzazione condominiale rispetto al modello delineato dal legislatore.

B.3) Si dice che la giurisprudenza si muova come un pendolo, volendosi così significare che l’interpretazione data dai giudici ad una certa norma passa, periodicamente e progressivamente, da un’impostazione decisamente restrittiva ad un’altra, altrettanto decisamente estensiva, o viceversa.

In effetti, sino a qualche anno fa i giudici erano soliti interpretare i regolamenti di tipo contrattuale in modo rigoroso, al punto da accordare valore prescrittivo a punti del regolamento che, in realtà, si limitavano a descrivere l’esistente (per fare un esempio, un locale adibito a bar al tempo della redazione del regolamento, e come tale indicato nella parte descrittiva di tale regolamento, veniva ritenuto come locale definitivamente ed esclusivamente destinato a bar).

Negli ultimi anni il “pendolo” si è vistosamente spostato nella direzione opposta. Prova ne sia la recente pronuncia della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, che ha sancito la modificabilità a maggioranza (sia pure entro certi limiti) delle tabelle millesimali di spesa allegate ad un regolamento contrattuale.

In definitiva si rende necessario, rispetto al passato, un piccolo cambiamento di mentalità: in altre parole occorre entrare nell’ordine di idee che le norme regolamentari ( e le tabelle di spesa allegate) non possono essere ritenute sempre e comunque intangibili per il solo fatto di essere contenute in un regolamento di natura contrattuale.

Davide Rocca – Avvocato in Torino